L'occlusione è una variabile importante nel successo o nel fallimento delle ricostruzioni protesiche.
I trattamenti su denti naturali hanno generalmente maggiore successo in quanto i denti naturali, grazie alla loro flessibilità, consentono la compensazione di alcune irregolarità occlusali.
Le riabilitazioni su impianti invece non permettono alcuna compensazione di eventuali malocclusioni per cui sono più critiche da realizzare.
Il fattore più significativo sulla stabilità di un trattamento a supporto implantare è il carico occlusale.
L'eccessivo carico può indurre ad un allentamento delle viti di connessione e, se non individuato in tempo, alla possibile frattura. Inoltre il sovraccarico può danneggiare anche l'impianto e la sovrastruttura ed indurre ad una mancata osteointegrazione.
Proprio per questo la la letteratura è generalmente concorde nel consigliare un posizionamento implantare in asse con il carico, e quindi perpendicolare al piano occlusale, o con impianti contrapposti.
In situazioni anatomiche ottimali e per settori poco estesi questo può essere realizzabile.
Tuttavia, se le condizioni non sono ottimali ed il numero e la distribuzione degli impianti sono più complesse sarà necessario un posizionamento degli impianti con inclinazioni lontane dall’orientamento ottimale.
Infatti, gli impianti sono generalmente posizionati in relazione al dente da sostituire ed in base all’osso esistente per cui possono presentare angolazioni molto diverse fra di loro.
In questi casi diventa fondamentale la determinazione dell’asse d’inserzione.
Ad oggi, la metodica generalmente utilizzata nel laboratorio odontotecnico per stabilire l’asse di fresaggio implantare si basa sul sistema empirico della valutazione visiva e/o personale della direzione di fresatura più adeguata alla morfologia futura.
La scelta dell’asse d’inserzione è quindi basata su numerosi elementi clinici e tecnici ed è strettamente legata all’esperienza dell’odontotecnico il quale, nella maggior parte dei casi, definisce l’asse di fresatura senza avere fatto una preventiva analisi dell’angolazione di ogni impianto. Per tale motivo alcuni impianti possono presentare preparazioni angolari molto inclinate in modo da compensare altri meno angolati e garantire un comune asse d’inserzione.
Gli abutments più angolati presentano di conseguenza altezze ridotte, viti di fissaggio compromesse e ridotta integrità strutturale che possono tradursi in aree in cui si concentra il carico e pertanto propense a portare al fallimento del trattamento impLanto-protesico.
Per ovviare a questa prassi di natura empirico/soggettiva a partire dal 2005 è stata sviluppata una vera e propria tecnica, la tecnica A.M.I. (acronimo di Asse Medio Implantoprotesico) per controllare la preparazione di protesi aventi come supporto abutments multipli.
Questo metodo aumenta la probabilità di effettuare delle buone preparazioni in quanto si basa su di un calcolo matematico dell’asse di fresatura, ottenuto grazie alla misurazione di tutte le angolazioni di ogni impianto, che evidenzia se l’asse stesso sarà fonte di stress eccessivi agli accoppiamenti tra mesostruttura ed impianti con conseguente rischio di sovraccarico e fatica dell’ingaggio meccanico (svitamenti e rotture).
È stato inoltre sviluppato un software per calcolare il valore A.M.I. in modo tale da fornire al tecnico ed al clinico in modo veloce e preciso un dato matematico sulla base del quale progettare la riabilitazione su impianti.
Per utilizzare questo particolare metodo occorre disporre di una base portamodelli, denominata RAP o RAP DGT, che permette di effettuare con la massima precisione la misurazione angolare della direzione degli impianti.
Tuttora non esistono metodi alternativi riconosciuti per effettuare questa ricerca in un regime protocollato come quello previsto dalla tecnica AMI.